Il nono film di Tarantino è ambientato a Hollywood di fine anni '60 e narra le vicissitudini di un attore in declino, Rick Dalton (Leonardo Di Caprio) e della sua controfigura, Cliff Booth (Brad Pitt). Dalton è anche vicino di casa di Roman Polanski e Sharon Tate (Margot Robbie) a Cielo Drive, sulle colline Bel-Air...
Tanto per usare uno stereotipo, potrei iniziare la recensione con la solita frase "Tarantino si odia o si ama", il che potrebbe essere vero, ma il problema è che non puoi permetterti nemmeno una critica parziale, perché i suoi fan subito ti accuserebbero di non capire un cavolo.
Questa è una pellicola che farà sbavare tutti i fanatici del cinema di Tarantino, citazionista dall'inizio alla fine, con un sacco di personaggi reali (vecchie glorie della TV e del cinema) interpretati da attori della nostra epoca. Quello che mi ha impressionato di più, anche se compare solo per un paio di minuti è Damian Lewis nei panni di Steve McQueen.
Ci sono molte scene divertenti, tipo la sfida tra Bruce Lee e Cliff Booth, o quando Rick Dalton si immagina in una famosa scena de La grande fuga al posto di McQueen.
La regia di Tarantino secondo me esagera con l'uso di lunghi piani sequenza che non portano da nessuna parte, ma fin qui tutto bene.
Il problema è la sceneggiatura, che ha una trama inesistente.
Per quasi due ore la coppia protagonista non fa assolutamente nulla, tranne che girare da un set televisivo/cinematografico all'altro incontrando attori e celebrità dell'epoca, mentre Sharon Tate fa altrettanto finendo in un cinema dove proiettano una sua pellicola.
Quindi vi prego, cari fan di Tarantino, per una volta cercate di essere obiettivi: la storia dov'è?
Davvero basta infarcire un film di citazioni alla Tarantino per gridare al capolavoro?
"Eh, ma ha avuto un sacco di nomination all'Oscar!" dirà qualcuno.
Certo, Brad Pitt ha vinto anche la statuetta come miglior attore non protagonista (e qui si potrebbe aprire un'altra discussione), peccato che quelli che adesso citando gli Oscar sono gli stessi che di solito snobbano l'Academy Awards asserendo che un film non si giudica dalla quantità statuette e nomination, perché si sa che sono i produttori che gestiscono tutto.
C'era una volta a Hollywood sembra un giocattolino divertente, ma 160 minuti di citazioni prese da vecchi film e serie TV per me sono insostenibili.
VOTO: 6,5
Se non mi piacerà di certo non mi farò scrupoli nel recensirlo negativamente.
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