Sto parlando di FUGA PER LA VITTORIA, ovviamente, anche se in realtà non è propriamente una pellicola sportiva.
Anzi, può essere considerato un gran film bellico/drammatico.
Ma procediamo con ordine.
E’ il 1981 e al regista veterano John Huston viene affidata la regia di un’opera cinematografica ispirata ad una storia vera. E’ un film che richiama palesemente, nella prima parte, LA GRANDE FUGA (un altro immenso film di cui prima o poi dirò la mia).
La trama la conosciamo tutti: il maggiore nazista Von Steiner (Max Von Sydow) ed ex giocatore di calcio professionista, riconosce, in un campo di prigionieri di guerra nei territori francesi occupati, Colby (Michael Caine) un altro ex giocatore di calcio britannico.
Quasi per scherzo nasce l’idea di un incontro di calcio tra prigionieri e guardie del campo. Ma la cosa, sorprendentemente, sfugge di mano anche a Von Steiner; alla fine viene deciso che ci sarà un incontro ufficiale, nello stadio di Colombes a Parigi, tra una squadra nazionale tedesca e una rappresentativa di prigionieri di guerra delle forze alleate.
Un'operazione di propaganda nazista in grande stile, insomma.
Nel frattempo il capitano Hatch (uno Stallone insolitamente convincente e in parte), statunitense entrato in guerra sotto la bandiera canadese, cerca a tutti i costi di entrare nella squadra di calcio allenata da Colby. Essendo negato per il “soccer”, viene ignorato sistematicamente.
Alla fine, dopo che riesce ad organizzare un piano di fuga, manda al diavolo tutti quanti, salvo poi fare dietro front . Le “allegre” guardie tedesche che servono al suo piano di fuga, infatti, sono state trasferite a sorvegliare gli uomini di Colby, il quale non ne vuole sapere di averlo nella squadra. Poi però cambia idea, assumendolo come preparatore atletico. Hatch riesce così a fuggire e raggiungere la resistenza francese a Parigi. Il suo compito è sondare il campo per vedere se è possibile far evadere l’intera squadra di calcio durante l’incontro. I francesi sostengono di poter organizzare la cosa, ma l’americano deve farsi ri-catturare per spiegare a Colby le modalità della fuga.
Ad Hatch non resta che farsi prendere; sconsolato, torna al campo di prigionia dal quale è fuggito come da prassi, ma viene messo in isolamento.
Toccherà a Colby riuscire a farlo scarcerare, con la scusa che l’americano è il portiere di riserva della squadra. Al portiere titolare viene spezzato di proposito un braccio, e così a Von Steiner non resta che acconsentire la scarcerazione di Hatch.
E veniamo al giorno della partita, con la squadra di calcio che si rinuncerà alla fuga tra un tempo e l’altro per tornare in campo e finire il match.
Il resto è storia del cinema.
Come detto, il film ricalca chiaramente le atmosfere de LA GRANDE FUGA.
La regia da “vecchia scuola” di Huston e la grandiosa colonna sonora di Bill Conti riescono proprio in questo intento. Stallone, come al solito, pare abbia messo mano di persona alla sceneggiatura, ampliando il suo ruolo, che alla fine diventa molto simile a quello di Steve Mc Queen nel film di Sturges. Le similitudini sono palesi e, con i dovuti paragoni, Stallone non sfigura più di tanto.
Veniamo ora alla partita.
La squadra alleata, tra le quali fila spiccano veri ex giocatori come Pelè, Ardiles, Bobby Moore e molti altri.
Le scene calcistiche, ideate dallo stesso Pelè, rendono bene, avvicinandosi molto al modo di giocare dell’epoca in cui è ambientato il film.
Stallone come portiere è alquanto improbabile (e lo dice uno che in quel ruolo ci ha giocato per più di 20 anni) ma lo stile è proprio quello piuttosto grezzo di chi si mette in porta per improvvisazione e che pian piano prende confidenza con il ruolo.
Come non ricordare la rovesciata di Pelé, con il personaggio di Von Sydow che si alza ad applaudire, un nazista che esulta per un gol di un uomo di colore. Eppure John Huston riesce a rendere la cosa totalmente credibile. Ma io, che come ho scritto ho giocato tra i pali molte partite dilettantistiche, non posso esimermi dal citare il rigore parato da Hatch/Stallone all’ultimo secondo. Il sogno di ogni portiere.
Il risultato alla fine sarà di 4 a 4, nonostante l’immancabile arbitro di parte e gol valido annullato ingiustamente; ma non è solo una partita di calcio, proprio come insegna il film.
L’importante non è nemmeno il risultato, non a caso alla fine non ci saranno vinti o perdenti, ma il fatto che il match deve essere portato a termine.
Come dirà Fernandez/Pelè a Hatch/ Stallone, per convincerlo a rinunciare alla fuga e tornare in campo, sotto di 4 gol a 1, “se scappiamo ora, perdiamo più che una partita”, ovvero: “qui c’è in ballo una guerra intera e, comunque vada, non possiamo tirarci indietro!”.
Al loro rientro in campo, tra la sorpresa generale degli ufficiali inglesi che sapevano del piano di fuga e dei francesi della resistenza presenti allo stadio, non si può far a meno di non tifare per John Colby e i suoi uomini.
Alla fine, al rigore parato da Stallone, mentre il pubblico intona la Marsigliese, ci sarà l’invasione di campo che permetterà comunque ai prigionieri di scappare, confondendosi tra la folla.
E a Von Steiner non rimarrà che rassegnarsi, anche con una certa ammirazione, alla fuga dei giocatori alleati, con la consapevolezza di aver assistito, in ogni caso, ad un epico ed irripetibile incontro di calcio.
Per concludere, una di quelle pellicole da rivedere e rivedere all’infinito, che finisce di diritto tra la mia personale TOP TEN dei film preferiti.