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lunedì 5 aprile 2021

BEN-HUR (1959) -Recensione-

 Il principe giudeo Ben-Hur, che vive a Betlemme ai tempi di Gesù, viene ingiustamente fatto arrestare da Messala, suo ex-amico d'infanzia, ora tribuno romano e fatto diventare uno schiavo rematore su una galea romana. 
Ma Ben-Hur riuscirà a ottenere di nuovo la libertà e ritornare in terra natia in cerca di vendetta e riscatto, proprio mentre Gesù sta per essere imprigionato e crocifisso dai romani...
Tratto dal romanzo di Lee Wallace, un altro classico kolossal che non può mancare nella programmazione televisiva delle feste pasquali.
Charlton Heston, tre anni dopo il successo de I DIECI COMANDAMENTI, torna come protagonista in un altro kolossal biblico di tre ore e mezza; qui è anche leggermente più credibile rispetto al Mosè del film precedente, ma al giorno d'oggi nessuno affiderebbe una parte così impegnativa a un attore dalla prestanza fisica come la sua. Ve lo immaginereste un giovane Schwarzenegger in un ruolo simile?
Ecco, appunto...
C'è da dire che Heston sapeva recitare molto meglio di Schwarzy ma l'Oscar per questa interpretazione l'ho trovo un tantino esagerato. Fu ben supportato da un ottimo cast, l'inglese Jack Hawkins in primis, ma anche dall'"odioso" Stephen Boyd, rancoroso e vendicativo Messala.
La recitazione è quella tipica di quegli anni, con un'impostazione quasi teatrale, molto sopra le righe e a tratti quasi caricaturale, vedasi Hugh Griffith nei panni dello sceicco Ilderim (che comunque gli fece ottenere l'Oscar di miglior attore non protagonista), che oggi farebbe indignare i fan del politicamente corretto.
La regia di William Wyler risulta meno sontuosa di quella di Cecil B. De Mille ma, a modo suo, egualmente efficace. Merito anche dei mastodontici set e delle grandiose scene di massa con centinaia di comparse. La famosa corsa delle quadrighe risulta sempre spettacolare e i maligni sostengono che non sia tutto merito di Wyler ma, invece, dei vari operatori della seconda unità (tra i quali un giovane Sergio Leone, a quanto pare). Ottima però la scelta registica di non inquadrare mai il viso di Gesù.
Gli effetti speciali ottici, tutto "mascherini" (Matte Painting) e Blue Screen (anche se la tecnica di quei tempi era differente da quella moderna) probabilmente sono inferiori a quelli visti ne I DIECI COMANDAMENTI. L'eccessiva durata della pellicola non mi ha per nulla intimorito e non ci si annoia mai (a differenza di certi moderni cinecomic pieni di effettacci digitali).
La musica di Miklòs Ròzsla l'ho trovata un po' troppo pomposa per i miei gusti, ma negli anni '50 era lo standard, assieme alla fotografia satura di colori delle pellicole di quei tempi. Quel tipo di cinema era comunque ancora una forma d'arte, a differenza dei moderni blockbuster.
Film così, purtroppo, non se ne fanno più e non è un caso che il remake del 2016 sia stato un flop al botteghino.

VOTO: 8






2 commenti:

  1. Sono d'accordo, sarei più indulgente però, un capolavoro senza se e senza ma ;)

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    1. E' che avevo dato 8 e 5 a I 10 COMANDAMENTI, che ho apprezzato di più.

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