Elucubrazioni, recensioni, curiosità varie sui miei film, registi, romanzi e scrittori preferiti.

martedì 24 novembre 2015

ATTORI CARATTERISTI SOTTOVALUTATI.

Salve a tutti.
Oggi vorrei parlare di un grande attore americano, in realtà molto sottovalutato, che avrebbe forse meritato una carriera migliore.
Sto parlando di Bill Paxton, attore e regista texano, che il sottoscritto ammira particolarmente.

Dopo piccoli ruoli sul grande schermo, tra i quali una parte in TERMINATOR (era uno dei 3 punk che si vedono all'arrivo del cyborg al futuro), Paxton comincia finalmente a  farsi notare ad Hollywood all'inizio degli anni '80. 
Ma è sempre Cameron ad offrigli un'altro ruolo, questa volta molto più importante, in ALIENS-Scontro finale; qui Paxton interpreta il soldato Hudson, apparentemente codardo e brontolone, che offre al pubblico le migliori battute umoristiche (dette o subite) ma che alla fine saprà riscattarsi.
Seguono poi l'horror IL BUIO SI AVVICINA (dell'ex moglie di Cameron, Katrhyn Bigelow), fino ad arrivare a PREDATOR 2 (diventando il primo attore ad aver "affrontato" Alien, Terminator e Predator).
Ma è con l'inizio degli anni '90 che arrivano i film importanti per Paxton: nel 1993 è sul set di TOMBSTONE  dove interpreta Morgan, il giovane fratello di Wyatt Earp, famoso uomo di legge del west che qui ha il volto di Kurt Russell.
Come non ricordarlo in TRUE LIES, sempre di James Cameron, nella parte di un antipatico, bugiardo, viscido (e fifone) venditore di automobili che si spaccia per spia.
Ma è in film come TWISTER e SOLDI SPORCHI che l'attore ottiene finalmente il ruolo da protagonista. Il primo è una pellicola fracassona, diretta dall'ormai  desaparecido Jan De Bont, nella quale Paxton risulta perfettamente credibile nel ruolo di un cacciatore di tornado.
In SOLDI SPORCHI, un noir diretto da Sam Raimi, invece, il suo ruolo è decisamente più serio e drammatico. Anche in questo caso la sua interpretazione è perfetta, priva di sbavature e che nulla ha da invidiare a quella altrettanto efficace di Billy Bob Thornton.
C'è tempo per un altro ruolo di rilievo in APOLLO 13, che il buon vecchio Paxton svolge a dovere, come al solito.
Dopo TITANIC, in cui il suo personaggio richiama palesemente Robert Ballard, lo scopritore del relitto della famosa nave, arriva FRAILTY, un thriller dalle tinte horror di cui è anche regista.
Un gran bel film, come dico sempre, nel quale dimostra di saperci fare anche dietro la macchina da presa. Voglio segnalarlo anche in VERTICAL LIMITS, nei panni del cattivo di turno, un riccone texano che non si fa scrupoli ad uccidere la sua guida per sopravvivere, dopo essere rimasto intrappolato in un crepaccio sul K2.
E' incredibile, a mio modo di vedere, come Bill riesca a calarsi perfettamente in tutti i ruoli che interpreta. Che sia il marine fifone in ALIENS, il padre  serial killer apparentemente fuori di testa di FRAILTY, o l'infido imprenditore alpinista di VERTICAL LIMITS (in cui riesce davvero a farsi odiare), l'attore texano mi stupisce ogni volta.
Ultimamente rilegato a parti minori in film non del tutto riusciti, avrebbe meritato una carriera decisamente più prolifica almeno riguardo i ruoli da protagonista. L'ho ritrovato in splendida forma nel recente CANI SCIOLTI, nei panni di un corrotto agente della CIA e subito mi  si sono illuminati gli occhi.
Ah, dimenticavo la sua partecipazione nella mini serie HATFIELDS & MCCOYS, di fianco ad un redivivo Kevin Costner e, recentemente, nel ruolo del generale Sam Houston in un'altra serie tv diretta da Roland Joffè, intitolata TEXAS RISING.
Spero comunque di vederlo in tante altre pellicole per molti anni a venire.


EDIT.

Quasi due mesi fa, purtroppo Bill Paxton ci ha lasciati.
Aggiorno solo ora il post perché quel 25 febbraio non me la sentivo proprio di farlo e poi, rileggere l'ultima mia frase qui sopra, mi fa piuttosto male.
Paxton era uno dei pochi attori che, pur non essendo una grande star, mi faceva venir voglia di dare almeno un'occhiata al film in cui partecipava, anche se in un piccolo ruolo defilato.
Ci mancherai Bill.

venerdì 6 novembre 2015

EVEREST-video recensione del film


Ben ritrovati.
Questa volta vi propongo una mia recensione video di un film uscito qualche tempo fa, ovvero EVEREST.





La pellicola racconta di una brutta avventura capitata a due spedizioni commerciali sul monte Everest nel maggio del 1996. In realtà le spedizioni erano tre, comunque.

La storia è drammaticamente vera e consiglio a tutti di leggersi il libro ARIA SOTTILE, scritto dal giornalista John Krakauer, che faceva parte di una di quelle spedizioni, quel 10 maggio, resoconto fedele e tragicamente avvincente dei fatti.
Ma ora, se volete, date un'occhiata alla mia video recensione.
Buona visione.










giovedì 17 settembre 2015

MISSIONE D'ONORE-Recensione



Ben ritrovati.

Oggi mi occuperò del secondo romanzo di Giovanni Melappioni, un autore di Civitanova Marche, del quale avevo già letto e recensito la sua precedente opera "L'ultima offensiva".
Il romanzo che vado a presentarvi si intitola MISSIONE D'ONORE, secondo classificato al PREMIO LETTERARIO LA GIARA del 2014.






SINOSSI:

Sicilia, 1943.

Gli alleati sono da poco sbarcati mentre i tedeschi cominciano la lenta ritirata verso il continente.
In un paesino troviamo Ines, una ragazza che si trova a disagio in quei posti, Ama leggere (di nascosto) ed è molto intelligente. Sua madre è morta tempo prima, suo padre si consola troppo spesso con l'alcool e sua nonna è una specie di strega che pensa solo ad accumulare i pochi soldi che il genitore di Ines riesce a portare a casa.
L'unica forza che la fa andare avanti è suo fratello Cosimo; un giorno spera di poterlo portare via da quel luogo, magari nel nord italia, dal fratello della defunta madre.
Nel frattempo, ad una squadra di paracadutisti tedeschi, viene affidata una missione segreta: infiltrarsi dietro le linee nemiche degli alleati per recuperare dei documenti compromettenti nascosti in una chiesa.
Le strade di Ines, Cosimo e dei militari tedeschi finiranno letteralmente per "scontrarsi", e l'iniziale missione dei paracadutisti si trasformerà in una: MISSIONE D'ONORE!







RECENSIONE.


Un romanzo ben scritto, molto più maturo del precedente.
Una storia originale, ben lontana dagli stereotipi bellici americani; qui i "buoni" sono i tedeschi, anche se non sono certo privi di "macchie", anzi. Quando si tratta di lottare per la propria vita, o portare a termine una dannata missione, non si fanno scrupoli ad uccidere il nemico, anche a sangue freddo.
Ma ci sono scelte che vanno oltre il dovere patriottico, come accade nel romanzo, quando la squadra di paracadutisti farà il loro primo incontro con il piccolo Cosimo...
Un libro consigliato a tutti, perché di fatto è si un romanzo di guerra, ma è anche una storia toccante, che riesce a coinvolgere il lettore pagina dopo pagina.
Invidio davvero Giovanni Melappioni come scrittore, per il suo modo di rendere credibili, ma allo stesso tempo avvincenti, le scene di guerra senza strafare, inserendole in un contesto di vita quotidiana con personaggi ben caratterizzati ma non "esagerati".
Lo stile di scrittura, come ho detto, pare più maturo e ricercato rispetto a L'ultima offensiva.
L'autore si sofferma maggiormente sui singoli personaggi, riuscendo a farci entrare nella loro testa, per capire cosa pensano e cosa ne determina le scelte, un aspetto che nel primo romanzo era quasi (volutamente) tralasciato, lasciando all'interpretazione del lettore gli aspetti non menzionati di ogni personaggio.
Spero vivamente che Giovanni possa presto riscontrare il successo che merita.


E procuratevi una copia di MISSIONE D'ONORE!





L'autore, Giovanni Melappioni

giovedì 20 agosto 2015

REMAKE di "COSE" varie...

Oggi voglio scrivere di getto la recensione di un film/remake/prequel che ho appena ri-visto.
Sto parlando de LA COSA, la versione del 2011.



Non fatemi però scrivere il  complicato nome del regista olandese, please.

Veniamo subito ai pregi di questo REMAKE del ben più famoso film di Carpenter (a sua volta rifacimento  del film di Howard Hawks/Nyby  del 1951).
Tutti e 3 i film, comunque, si basano sullo strepitoso racconto Who Goes There? di  John. W. Campbell, che consiglio di recuperare. Ma torniamo alla pellicola in questione...

I pregi.

L'atmosfera, che richiama parecchio il film del 1982, così come la colonna sonora, con citazioni alle composizioni originali di Morricone.

La storia, con l'ottima trovata di farne un PREQUEL anziché una fotocopia, anche se ci sono chiare scene che ricalcano quelle del precedessore, vedi la variante del test per capire chi è umano e chi un alieno, o la scena in cui l'essere mutaforme esce in fiamme dalla base, funziona bene!
E' stato fatto  pure un gran lavoro per fare in modo che gli accadimenti che si vedono sullo schermo combacino con quelli visti nel film carpenteriano. Alla fine tutto torna, più o meno,

Gli interpreti, anche se magari in molti avranno storto il naso per la presenza femminile, per di più nella parte del protagonista. Il cast di veri attori norvegesi funziona, sempre meglio dei classici attori americani che "giocano" a fare gli stranieri parlando un inglese/americano senza accenti.

Veniamo ora ai punti dolenti.

L'alieno mutaforme, che si vede decisamente troppo.
Nel film di Carpenter le mutazioni erano ben mostrate ma (se non verso la fine) la creatura rimaneva comunque nell'ombra, o era mostrata per molto meno tempo. Penso sia stata una scelta voluta, alcune scene sono terrificanti (anche alla terza o quarta visione), tipo quando il mostro insegue i protagonisti nei corridoi della base norvegese. Ma il tocco digitale si nota troppo, a differenza degli effetti di Rob Bottin del 1982, magari più naif, ma sicuramente più viscerali e orrorifici.
Non dimentichiamoci che nel 2002 è uscito anche un videogame ispirato al film di John Carpenter, quindi la versione del regista olandese deve aver saccheggiato qualche cosa anche da lì.

L'astronave aliena, della quale era forse non vederne gli interni. Nel film di Carpenter non si sapeva se l'astronave l'avesse costruita la creatura oppure se avesse solo  "replicato" la razza in possesso di quella tecnologia. Del resto era più plausibile questa seconda ipotesi, nel limite della credibilità cinematografica.
Qui si intuisce che è proprio il mostro stesso ad averla costruita, vedi la strana figura computerizzata a blocchi  in 3D che continua variare la composizione e che doveva rappresentare il sistema di guida del disco volante. Secondo me non funziona la... cosa!

In conclusione.
Un film che non mi è affatto dispiaciuto, che a tratti regge il confronto con l'originale del 1982, ma che non convince a pieno. Carpenter è pur sempre Carpenter.
Curioso però che abbia avuto lo stesso insuccesso al botteghino dell'altro, ma dubito che col tempo acquisterà la stessa fama di cult movie.

Per oggi è tutto.




lunedì 27 luglio 2015

Il western "citazionista" moderno.

Ben ritrovati.
Oggi voglio parlare di film western, di quello citazionista che ultimamente pare andare tanto per la maggiore.
No, non sto parlando di DJANGO UNCHAINED di Tarantino. Ho barato con l'anteprima!
Quello è tutto fuorché un western. Ma non voglio soffermarmi più di tanto su quella pellicola, non in questa occasione almeno.
Aggiungo solo che ci sono molte più citazioni "Leoniane" in RITORNO AL FUTURO parte III, che nel film diretto da Tarantino.
Vedi l'arrivo di Marty nella cittadina, stessa inquadratura e stesso movimento di macchina dell'arrivo della protagonista in città (Claudia Cardinale) in C'ERA UNA VOLTA IL WEST, o il colpo di fucile che taglia la corda della forca al collo del malcapitato giovane viaggiatore nel tempo (IL BUONO, BRUTTO E IL CATTIVO) oltre al duello con il pezzo di stufa a legna nascosto sotto il petto(PER UN PUGNO DI DOLLARI) oltre al nome con cui si fa chiamare Marty in paese: Clint Eastwood, ovviamente.




Io però vorrei invece parlare di  PRONTI A MORIRE, diretto da quel matto di Sam Raimi.




Qui sì che troviamo tutti i classici e consolidati elementi del cinema western; il pistolero (in questo caso una donna) che cerca vendetta nei confronti di colui che le ha ucciso il padre (o meglio, di colui che ne ha voluto la morte), in pieno stile "C'era una volta il west"; i duelli dei pistoleri che partecipano al torneo, ognuno girato e montato con uno stile diverso nei quali Sam Raimi, esasperando al massimo lo stile di Leone, vi inserisce le zoomate in e out e l'effetto "vertigo", le inquadrature sbilenche, così come i primissimi piani ad allargare o a stringere, il tutto unito in una specie di balletto perfettamente ritmato montato da quel genio di Pietro Scalia.
Prendiamo poi il dettaglio dell'orologio del paese, che allo scadere dell'ora da il via allo scontro a fuoco, chiaro riferimento alle inquadrature di MEZZOGIORNO DI FUOCO: e come non ricordare la scena in cui il villain di turno, un grande Gene Hackman, spara con un fucile ad uno dei suoi (ex) tirapiedi che sta correndo in fondo alla strada come fa John Wayne nel capolavoro di Howard Hawks, UN DOLLARO D'ONORE.
Io ho notato anche che Hackman, nei flashback in cui lui e i suoi scagnozzi se la prendono con il padre della protagonista, è vestito come Kevin Costner in SILVERADO.
E le musiche di un Alan Silvestri in ottima forma, dalle atmosfere chiaramente alla Morricone.
Per non parlare dell'impeccabile fotografia del mio conterraneo (quasi vicino di casa) d'origine, ovvero Dante Spinotti.
Ma anche il cast funziona, con un ancora quasi sconosciuto Russel Crowe, un Di Caprio pre-TITANIC, il già citato Hackman, e una convincente Sharon Stone.
E molti attori caratteristi di contorno, da Lance Henriksen a Keith David, passando per Roberts Blossom fino ad arrivare all'ultima apparizione cinematografica di Woody Strode.
Un film sottovalutato all'epoca ma che, secondo me (se non si è ancora capito), è nettamente superiore a quella specie di raffazzonato esperimento citazionista di Tarantino.


venerdì 26 giugno 2015

UN RICORDO DI JAMES HORNER

Ben ritrovati.

Avevo in mente da un po’ l’idea di scrivere un pezzo sui miei compositori di colonne sonore preferiti (e non), tra i quali compare indiscutibilmente James Horner, premio Oscar per le musiche di Titanic.
Purtroppo Horner è venuto tragicamente a mancare alcuni giorni fa, quindi non potevo esimermi dal ricordarlo in questo piccolo articolo.





JAMES HORNER


Musicista dallo stile immediatamente riconoscibile fin dalle prime note, come i colleghi contemporanei Alan Silvestri, Danny Elfman, John Williams e il grande Elmer Bernstein tra quelli del passato  (quello dei Magnifici 7, per intenderci), Horner iniziava i suoi pezzi d’apertura con un’immancabile  rullo di tamburo che precedevano le note della tromba solista,  per poi passare alle gran casse in stile militare,  con un accenno di sintetizzatore in sottofondo, il tutto “condito” da cori di voci eteree per  un mix di atmosfere a tratti rarefatte,  a tratti epiche.
Queste caratteristiche si possono apprezzare, per esempio, nelle colonne sonore di film come GLORY e APOLLO 13 e, soprattutto, in TITANIC,  dove aggiunge le cornamuse usate in precedenza per BRAVEHEART. 
La colonna sonora di TITANIC rimane il suo indiscusso capolavoro, con pezzi che richiamano molto le arie celtiche di Enya, artista che Horner penso ammirasse parecchio. E’ noto che James Cameron lo scelse proprio perché per il suo film aveva in mente quello stile di musica e non a caso aveva usato dei pezzi di Enya nel montaggio provvisorio del film. Anche se Horner ai tempi di ALIENS aveva avuto un rapporto burrascoso con il regista, rimase entusiasta della proposta di Cameron e si gettò a capofitto nel progetto.
Il risultato fu eccezionale, con alcuni brani forse troppo simili ad alcune composizioni della stessa Enya (esiste  infatti un trailer del film con un noto pezzo della musicista irlandese  che, se confrontato con un’altra versione con il pezzo originale di Horner, si riesce a  notare una somiglianza imbarazzante tra le due canzoni), ma a ben vedere Horner omaggiava la musica celtica ben prima che Enya raggiungesse il successo mondiale.  L’album della colonna sonora di TITANIC vendette milioni di copie e tutt’ora detiene il record di vendite per un album del genere.


L'album di TITANIC


Tornano alla similitudine dei brani di Horner per TITANIC allo stile di Enya , è proprio su questo aspetto che i suoi detrattori si soffermano; James Horner era ritenuto uno che si “ispirava” un po’ troppo ai lavori dei musicisti classici del passato, oltre che citare sistematicamente se stesso.
Non so se sia effettivamente così, almeno riguardo l’accusa di copiare gli altri, ma posso dire che il mestiere di compositore di colonne sonore è insidioso, perché bisogna spesso competere con le musiche provvisorie che il regista ha usato nei montaggi preliminari del film. Cito ad esempio 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO di Kubrick, il quale si affezionò così tanto alle musiche di Strauss che decise di usare quelle anche nella versione definitiva della pellicola. Va detto invece che è prassi comune per i compositori mantenere un proprio stile ben riconoscibile, come ho scritto all’inizio.
Non posso  poi non menzionare le sue musiche per ALIENS-Scontro finale- ,  con alcuni passaggi utilizzati innumerevoli volte per i  trailer di altri film; un intero brano  fu addirittura riciclato nel primo DIE HARD.
Giusto in questi giorni stavo ascoltando la soundtrack di APOLLO 13 e mi sono reso conto di quanto era bravo a creare le giuste atmosfere dei film che musicava, a volte riuscendo a far sembrare la pellicola migliore di quello che era, come probabilmente fece nei casi di BRAVEHEART e GLORY.
Non dimentichiamo che musicò anche il secondo e il terzo capitolo per il grande schermo di STAR TREK, ovvero L’IRA DI KHAN e ALLA RICERCA DI SPOCK.
Fu sempre Horner ad occuparsi della soundtrack de IL NOME DELLA ROSA, quest’ultima piuttosto minimalista e che, vista l’ambientazione medioevale, si scostava dal suo solito stile dal ritmo “militaresco”.
Altro suo grande successo furono le musiche di AVATAR, sempre di James Cameron, colonna  sonora che personalmente ho trovato scontata, quasi banale e priva di mordente, come del resto il film (e lo dico da vero fan di Cameron).
Da aspirante regista e appassionato di cinema, Horner mi mancherà parecchio, anche se nel mio iPod le sue musiche saranno sempre nei primi posti della playlist.
Addio James.

sabato 9 maggio 2015

FUGA PER LA VITTORIA

Oggi voglio discutere del miglior film sul gioco del calcio della storia del cinema, a mio modesto parere.
Sto parlando di  FUGA PER LA VITTORIA, ovviamente, anche se in realtà non è propriamente una pellicola sportiva.

Anzi, può essere considerato  un gran film bellico/drammatico.



Ma procediamo con ordine.
E’ il 1981 e al regista veterano John Huston  viene affidata la regia di un’opera cinematografica ispirata ad una storia vera. E’ un film che richiama palesemente, nella prima parte, LA GRANDE FUGA (un altro immenso film di cui prima o poi dirò la mia).

La trama la conosciamo tutti: il maggiore nazista Von Steiner (Max Von Sydow) ed ex  giocatore di calcio professionista, riconosce, in un campo di prigionieri di guerra nei territori francesi occupati,  Colby (Michael Caine) un altro ex giocatore di calcio britannico. 
Quasi per scherzo nasce l’idea di un incontro di calcio tra prigionieri e guardie del campo. Ma la cosa, sorprendentemente,  sfugge di mano anche a Von Steiner; alla fine viene deciso che ci sarà un incontro ufficiale, nello stadio di Colombes a Parigi, tra una squadra nazionale tedesca e una rappresentativa di prigionieri di guerra delle forze alleate. 
Un'operazione di propaganda nazista in grande stile, insomma.
Nel frattempo il capitano  Hatch (uno Stallone insolitamente convincente e in parte), statunitense entrato in guerra sotto la bandiera canadese, cerca a tutti i costi di entrare nella squadra di calcio allenata da Colby. Essendo negato per il “soccer”, viene ignorato sistematicamente.
Alla fine, dopo che riesce ad organizzare un piano di fuga, manda al diavolo tutti quanti, salvo poi fare dietro front . Le “allegre” guardie tedesche  che servono al suo piano di  fuga, infatti, sono state trasferite a sorvegliare gli uomini di Colby, il quale non ne vuole sapere di averlo nella squadra.  Poi però cambia idea, assumendolo come preparatore atletico. Hatch riesce così a fuggire e raggiungere la resistenza francese a Parigi. Il suo compito è sondare il campo per vedere se è possibile far evadere l’intera squadra di calcio durante l’incontro. I francesi sostengono di poter organizzare la cosa, ma l’americano deve farsi ri-catturare per spiegare a Colby le modalità della fuga.
Ad Hatch non resta che farsi prendere; sconsolato, torna al campo di prigionia dal quale è fuggito come da prassi, ma viene messo in isolamento.
Toccherà a Colby riuscire a farlo scarcerare, con la scusa che l’americano è il portiere di riserva della squadra. Al portiere titolare viene spezzato di proposito un braccio, e così a Von Steiner non resta che acconsentire la scarcerazione di Hatch. 
E veniamo al giorno della partita,  con la squadra di calcio che si rinuncerà alla fuga tra un tempo e l’altro per tornare in campo e finire il match.
Il resto è storia del cinema.








Come detto, il film ricalca chiaramente le atmosfere de LA GRANDE FUGA.
La regia da “vecchia scuola” di Huston e  la grandiosa colonna sonora di Bill Conti riescono proprio in questo intento. Stallone, come al solito, pare abbia messo mano di persona alla sceneggiatura, ampliando il suo ruolo, che alla fine diventa molto simile a quello di Steve Mc Queen nel film di Sturges. Le similitudini sono palesi e, con i dovuti paragoni, Stallone non sfigura più di tanto.
Veniamo ora alla partita.
La squadra alleata, tra le quali fila spiccano veri ex giocatori come Pelè, Ardiles, Bobby Moore  e molti altri.
Le scene calcistiche, ideate dallo stesso Pelè, rendono bene, avvicinandosi molto al modo di giocare dell’epoca in cui è ambientato il film.
Stallone come portiere è alquanto improbabile (e lo dice uno che in quel ruolo ci ha giocato per più di 20 anni) ma lo stile è proprio quello piuttosto grezzo di chi si mette in porta per improvvisazione e che pian piano prende confidenza con il ruolo.
Come non ricordare la rovesciata di Pelé,  con il personaggio di Von Sydow che si alza ad applaudire, un nazista che esulta per un gol di un uomo di colore. Eppure John Huston riesce a rendere la cosa totalmente credibile. Ma io, che come ho scritto ho giocato tra i pali molte partite dilettantistiche, non posso esimermi dal citare il rigore parato da Hatch/Stallone all’ultimo secondo. Il sogno di ogni portiere.
Il risultato alla fine sarà di 4 a 4, nonostante l’immancabile arbitro di parte e gol valido annullato ingiustamente; ma non è solo una partita di calcio, proprio come insegna il film.
L’importante non è nemmeno il risultato, non a caso  alla fine non ci saranno vinti o perdenti,  ma il fatto che il match deve essere portato a termine. 
Come dirà  Fernandez/Pelè a Hatch/ Stallone, per convincerlo a rinunciare alla fuga e tornare in campo, sotto di 4 gol a 1, “se scappiamo ora, perdiamo più che una partita”, ovvero: “qui c’è in ballo una guerra intera e, comunque vada, non possiamo tirarci indietro!”.
Al loro rientro in campo, tra la sorpresa generale degli ufficiali inglesi che sapevano del piano di fuga e dei francesi della resistenza presenti allo stadio, non si può far a meno di non tifare per John Colby e i suoi uomini. 






Alla fine, al rigore parato da Stallone, mentre il pubblico intona la Marsigliese, ci sarà l’invasione di campo che permetterà comunque ai prigionieri di scappare, confondendosi tra la folla.
E  a Von Steiner non rimarrà che rassegnarsi, anche con una certa ammirazione, alla fuga dei giocatori alleati, con la consapevolezza di aver assistito, in ogni caso, ad un epico ed irripetibile incontro di calcio.
Per concludere, una di quelle pellicole da rivedere e rivedere all’infinito, che finisce di diritto tra la mia personale TOP TEN dei film preferiti.

mercoledì 11 marzo 2015

INCASINAMENTI LOGICO-TEMPORALI.

Ben trovati.
Oggi vorrei discutere un po' delle cose che non tornano in una delle più rappresentative saghe cinematografiche degli anni '80. 
Sto parlando di RITORNO AL FUTURO.

Non starò qui a ripeterne la trama. Tutti conoscono la storia di Marty McFly e dei suoi viaggi nel tempo tra il 1985 e il 1955 nel primo capitolo, tra il 1985-1955 e 2015 nel secondo, per poi finire addirittura nel selvaggio west del 1885 nel terzo.
Il tutto a bordo di una DeLorean modificata da Doc Brown.



Ma cosa c'è che non torna, quindi?
Nel primo capitolo "temporalmente" parlando non ci sono anomalie, ma è alquanto improbabile che un fulmine abbia colpito l'orologio proprio allo scoccare esatto di una determinata ora.
Passiamo quindi al secondo film.
E qui nascono le incongruenze.
E' noto che non era previsto un sequel, che tutto è nato dal finale del primo capitolo e che, quindi, lo sceneggiatore Bob Gale abbia dovuto pensare ad una storia che si raccordasse con il suddetto finale.
Ma non è questo il problema. 
Non riesco a capire come abbia fatto il vecchio Biff Tannen ad andare indietro nel tempo, dal 2015 al 1955 (dopo aver rubato la DeLorean) e tornare al "suo" 2015.
Dato che ha consegnato al sé stesso più giovane l'almanacco sportivo e  che questo fatto scatenerà una serie di eventi che cambieranno il futuro, come potrà il vecchio Biff a tornare nel futuro della sua linea temporale?  Lo stesso Doc Brown spiega a Marty, quando si ritrovano nel 1985 alternativo, che c'è una linea temporale diversa che si è creata nel 1955.
Lo so, è incasinato, ma il succo è che il vecchio Biff, per il solo fatto di aver modificato il passato del 1955, al suo ritorno nel 2015 avrebbe trovato un futuro diverso.

Passiamo al terzo capitolo, dove ritroviamo Doc finito nel selvaggio west per sbaglio.
Il Marty  del futuro e il Doc del 1955 ritrovano la DeLorean nella vecchia miniera e la sistemano per far andare il ragazzo nel 1885 a riprendere il Doc del futuro.
Ma Marty, appena arrivato nel passato, buca il serbatoio della benzina e, dato che all'epoca il motore a scoppio non era ancora stato inventato, è impossibile trovarne o fabbricarne.
Da qui parte lo spunto di ideare un sistema per  far raggiungere all'auto le 88 miglia orarie necessarie per effettuare il salto nel tempo spingendola con una locomotiva a vapore.
Già qui c'è qualche cosa che non va, dato che Doc era finito nel west dopo essere stato colpito da un fulmine mentre l'auto era sospesa in aria, SENZA aver raggiunto le 88 miglia/h.
Ma l'incongruenza più grande, è il fatto che i protagonisti avrebbero potuto semplicemente recuperare un po' di benzina dalla DeLorean che in quel momento si trovava nascosta nella vecchia miniera!
La stessa auto che Marty aveva ritrovato (o che ritroverà)  nel 1955.
Strano che un genio come Doc Brown non ci abbia pensato, prima di far fuori definitivamente il motore provando a usare whisky al posto della benzina.

Comunque, nonostante codeste sbavature a livello di sceneggiatura, la trilogia di RITORNO AL FUTURO rimane, secondo me, una delle più riuscite trilogie di sempre; sicuramente la più rappresentativa degli anni '80 e che sono, cinematograficamente parlando, i miei preferiti.

Alla prossima.


P.S.
Siamo già arrivati nel 2015, che sembrava così lontano all'epoca della visione del primo film!
Attendiamo quindi l'arrivo di Marty McFly dal passato?

martedì 3 marzo 2015

IL PASSATO E' UNA BESTIA FEROCE-Recensione

Come anticipato qualche tempo fa, ecco la recensione del primo thriller di Massimo Polidoro, che ho avuto l’onore di leggere in anteprima.
Il romanzo esce proprio oggi in tutte le librerie.
Quindi, partiamo subito.

La trama l’avevo già accennata a suo tempo; Bruno Jordan lavora per Krimen, un giornale di cronaca nera. Ultimamente è in conflitto con Linda, il nuovo direttore, che vorrebbe un'impronta diversa per il giornale che, tra l'altro, attualmente  non se la sta passando bene con le vendite.
Proprio quella mattina, dopo l'ennesima discussione con la direttrice, riceve una misteriosa lettera che pare essere stata spedita direttamente dal 1982.
Dopo averla letta, decide subito di vederci chiaro, anche perché la lettera gli richiama alla mente la scomparsa di una sua amica d’infanzia, avvenuta proprio la sera in cui la nazionale italiana di calcio di Bearzot conquistò il titolo mondiale. 
Jordan si ritroverà così a dover fare i conti col proprio passato, deciso a tutti i costi a scoprire la verità sulla misteriosa scomparsa della ragazzina, affrontando vecchi fantasmi e nuovi pericoli, fino all’imprevedibile colpo di scena finale…

Veniamo alla recensione vera e propria.
Premetto che non sono un grande fan della narrazione in prima persona, ed è forse per questo motivo che ho fatto un po’ fatica ad "entrare" nella storia.  Il romanzo è comunque scorrevole, l’ambientazione invernale, con tanto di nevicata, aiuta a mantenere  quell’atmosfera rarefatta che pervade tutto il romanzo e si riesce quasi subito ad immedesimarsi in Bruno Jordan.
C’è da dire che ci sono un paio di personaggi di contorno un po’ troppo stereotipati, a mio modo di vedere; altri che avrebbero meritato un po’ più di spazio o di essere maggiormente sviluppati. Ma forse verranno richiamati in causa in un eventuale seguito, spero.
La tensione c'è e, dopo aver ingranato con la storia, scatta quel meccanismo che ti impedisce di staccarti dal libro, quell'irresistibile desiderio di voler leggerne ancora, pagina dopo pagina. 
Altro punto a favore di Massimo Polidoro, quindi!
A mio modesto parere è un buon romanzo, non privo però di alcune piccole sbavature.
Essendo il suo primo thriller, sono sicuro che Polidoro saprà migliorarsi con quello successivo.

Consigliato a tutti gli appassionati del genere thriller (e non).

A  questo LINK, che porta direttamente al blog di Massimo Polidoro, troverete 10 buoni motivi per acquistare il romanzo IL PASSATO E' UNA BESTIA FEROCE entro l'8 marzo.




BOOKTRAILER UFFICIALE



Buona lettura!



domenica 1 marzo 2015

CLIFFHANGER- L'ultima sfida Recensione

Eccomi di nuovo a parlare dell'ennesimo film della mia adolescenza che ho rivisto dopo qualche anno e in lingua originale.



Stallone qui è Gabe Walker, che torna dalla fidanzata  presso la stazione di soccorso montano nella quale  prestava servizio prima del tragico incidente che abbiamo visto nel prologo, incidente in cui è morta, precipitando nel vuoto, la ragazza del suo amico/collega Hal Tucker, interpretato dal bravo Michael Rooker.
Ma, nel frattempo, una spettacolare rapina ad un jet in volo che trasportava 100 milioni di dollari appena prelevati dalla Federal Reserve, finisce in un modo imprevisto per i rapinatori, i quali si ritrovano a precipitare con il loro aereo sulle montagne rocciose mentre le 3 valigetta con i soldi finiscono disperse tra le vette innevate e burroni sottostanti.
Chiamano quindi il soccorso montano (omettendo ovviamente le loro intenzioni) e prendono in ostaggio Tucker e Walker per poter recuperare le suddette valigette provviste però di segnalatori di posizione.
Il resto della storia si sviluppa come nel più classico action movie americano, con il protagonista (SLY) che cercherà di salvare, anche grazie all'aiuto della fidanzata, l'amico rimasto in ostaggio dei cattivi e, contemporaneamente, provando a mandare in malora il loro piano di recupero del denaro...



Sinceramente pensavo molto peggio.
Visivamente è buono, a parte un paio di scene girate palesemente in studio che stonano con il resto. Altra cosa che ho notato solo in quest'ultima visione (benché lo sapessi già all'epoca in cui uscì) è l'improbabile scenario delle Alpi italiane adattato a quello americano.
Mi spiego: dopo il prologo c'è la scena in cui il protagonista (Stallone) ritorna dalla fidanzata e percorre con un fuoristrada la strada che conduce al suo capanno; be', la strada e la stazione di servizio che si intravedono non hanno nulla di americano. Ci hanno aggiunto un paio di distributori di benzina in stile statunitense e hanno messo le insegne in inglese ad un edificio in stile palesemente alpino! Stessa cosa per il luogo della base del servizio di soccorso: il greto di un fiume a fondovalle che potrebbe sembrare qualsiasi posto del nord Italia tranne che statunitense.
Detto questo, torniamo all'aspetto tecnico.
Il regista Renny Harlin si fa prendere spesso la mano e si perde in cafonate trash incredibili, tipo quando Sly ammazza il cattivo di turno alzandolo di peso e infilzandolo con una stalattite (o stalagmite?), dopo che,  tra l'altro, il cattivone lo aveva massacrato di botte. 
La rapina con il furto dei soldi in volo, tra due aerei, è una scena davvero spettacolare, comunque.  
E' così pure il prologo in cui avviene l'incidente che farà litigare i due amici scalatori interpretati da Stallone e l'ottimo Michael Rooker, anche se, come al solito, nei film americani c'è sempre di mezzo un moschettone o una fibbia difettosa quando accadono certe cose. Ingenuità all'ennesima potenza.
Stallone in lingua originale è difficile da mandare giù, come scrissi in uno dei miei primi articoli, ma tutto sommato qui riesce a cavarsela egregiamente.
Ci sono un paio di personaggi secondari inutili, tipo i due ragazzi che si lanciano dai burroni col paracadute. Al fine della trama sono ininfluenti. E anche la figura dell'anziano pilota di elicotteri amico e collega di Walker, fidanzata e Tucker, avrebbe dovuto avere più spazio. Muore senza che si abbia avuto il tempo di affezionarsi al personaggio.
La colonna sonora, firmata da Trevor Jones (quello che musicò L'ultimo dei moicani) stranamente mi ha deluso. Non che non sia appropriata, ma è incredibilmente simile allo stile di Alan Silvestri. Provate a guardare uno dei film della trilogia di RITORNO AL FUTURO, o i primi 2 PREDATOR e vi renderete conto della similitudine.
Menzione speciale per il cattivo di turno, ovvero John Lithgow che interpreta Eric Qualen.
Come Villain risulta perfettamente in parte: spietato, cinico e con un pizzico di humor nero.
Ma alla fine non mi ha convinto del tutto. Troppo simile a molti  altri cattivi cinematografici.



Sylvester Stallone




Michael Rooker




John Lithgow

Alla fine, comunque, il film è ampiamente positivo.
Probabilmente il miglior film di Renny Harlin, regista comunque sopravvalutato che dopo questo ha collezionato un sacco di flop che lo hanno poi rilegato nella categoria di film di serie B.


Alla prossima.

venerdì 27 febbraio 2015

ADDIO Mr. SPOCK

Un altro mito delle mia infanzia e adolescenza se n'è andato. Leonard Nimoy si è spento oggi all'età di 83 anni.
Anche se il suo ricordo rimarrà per sempre legato alla figura del mitico SPOCK, ufficiale scientifico dell' USS. Enterprise-1701, Nimoy è stato anche un apprezzato regista, doppiatore e fotografo.
Oltre a STAR TREK III-Alla ricerca di Spock e STAR TREK IV-Rotta verso la terra (probabilmente il migliore film dell'intera saga), fu regista del film commedia 3 SCAPOLI E UN BEBE', altro suo grande successo.


Mi piace pensare che ora sia lassù, da qualche parte, a battibeccare con DeForest Kelley ricordando i bei vecchi tempi.


Goodbye Leonard !

martedì 24 febbraio 2015

NON-STOP Recensione

Bentrovati.
Ecco una recensione fresca fresca di un film che ho appena visto.
Si tratta di NON-STOP, un Action Thriller del 2014.

Liam Neeson è Bill Marks, un Air Marshal ed ex-poliziotto con i soliti classici problemi,  un divorzio, una figlioletta morta prematuramente, problemi di alcool e comportamentali.
Si ritrova su un volo diretto da New York a Londra, seduto di fianco a Jen Summers, una passeggera interpretata da Julianne Moore quando, all'improvviso, sul suo cellulare collegato ad una rete apposita e criptata del Boeing 767, cominciano ad arrivare misteriosi messaggi da parte di un probabile assassino presente a bordo.
Lo scopo è chiaro: accreditare su un conto 150 milioni di dollari su un determinato conto bancario altrimenti, ogni 20 minuti, un passeggero morirà.
Inizia così una caccia al ricattatore mentre i cadaveri cominceranno a spuntare in modo rocambolesco e piuttosto improbabile, tanto che alla fine lo stesso Air Marshal si ritroverà ad essere, alla vista dei passeggeri e dell'equipaggio, il maggior indiziato.








TRAILER



La premessa, lo ammetto, sembrava essere abbastanza intrigante, anche perché il ricattatore potrebbe essere chiunque a bordo; ci sono varie false piste ed indizi 
che portano lo spettatore a sospettare di questo o quell'altro passeggero o membro dell'equipaggio.
Ma quello che non funziona, oltre alla regia anonima e priva di fantasia, è il proseguo della sceneggiatura: troppo cervellotica e implausibile. Il regista del resto non è stato capace, nel mio caso, di farmi entrare nella cosiddetta fase di "sospensione dell'incredulità", cioè la sospensione del giudizio critico dello spettatore davanti a quello che vede sullo schermo.
Questo perché, come ho scritto, il regista Jaume Collet-Serra non è stato in grado di mantenere alta la tensione nella parte centrale del film: troppo spesso mi sono distratto provando a scoprire chi poteva essere il misterioso ricattatore assassino anziché seguire completamente le immagini. Anche quando si scopre il colpevole, il fragile castello di carte cade al minimo soffio di vento.
Il film si riprende nel finale (scontato) stile catastrofico della serie AIRPORT degli anni '70/80.
Liam Neeson è bravo, riesce  in ogni caso a sorreggere da solo quasi l'intero film, ma l'aspetto psicologico del suo personaggio è stato fin troppo abusato in precedenza.
Delusione per gli effetti speciali, spudoratamente digitali. Ho visto quasi di meglio in alcuni filmacci della Asylum.
Un'occasione sprecata, insomma. Nella mani di un regista "alla Hitchcock" tipo David Fincher, per esempio, avremmo avuto tutt'altra cosa.
Meno azione e più suspense sarebbe stato decisamente meglio. 
Collet-Serra è un regista da video clip; belle ed impeccabili immagini, fotografia patinata, montaggio ottimo ma fine a se stesso: tutto fumo e niente arrosto.

Comunque lo consiglio per chi vuole distrarsi un po' con un  film d'azione senza pretese





venerdì 20 febbraio 2015

L'ULTIMA OFFENSIVA-intervista all'autore Giovanni Melappioni



Salve e ben ritrovati.

Oggi ho il piacere di ospitare Giovanni Melappioni,  scrittore marchigiano, classe 1980, per parlare un po’ del suo romanzo d’esordio dal titolo: L’ULTIMA OFFENSIVA.
Si tratta di un romanzo storico ambientato nel 1944, tra i boschi delle innevate Ardenne nell’inverno di quell’anno,  proprio nei giorni che precedono l’ultima, grande offensiva tedesca che dovrebbe definitivamente respingere indietro le forze alleate.
Intanto però,  alcuni uomini di entrambi gli schieramenti,  oltre che con il rispettivo nemico, se la devono vedere con il clima gelido, la sopravvivenza,  la noia delle lunghe attese in trincee improvvisate, l’assuefazione alla violenza e alle atrocità del secondo conflitto mondiale
Assistiamo ad una storia corale, dove non esistono buoni o cattivi, o meglio: il male e il bene è presente in entrambi gli schieramenti, così come la voglia di sopravvivere a tutti i costi pur cercando di svolgere il proprio dovere.
Niente retorica. Nessun luogo comune o personaggi stereotipati. 
L’ULTIMA OFFENSIVA è un romanzo che consiglio a tutti, appassionati del genere  storico/bellico e non.










Booktrailer L'ULTIMA OFFENSIVA





Ma andiamo a conoscere un po’ meglio l’autore.


Ciao Giovanni.
Parlaci un po’ di te. Cosa fai nella vita?
E come nasce la tua passione per la scrittura, la letteratura e la storia (militare e non)?
Aiuto le persone a trovare un momento di pace fuori dallo stress quotidiano servendo buona birra. O se vuoi, in maniera più prosaica, gestisco un ristorante-pub con la mia famiglia.
Ho iniziato a scrivere con sufficiente determinazione nel 2006, prima di allora mi ero cimentato in racconti brevi e nella creazione di mondi di fantasia per una delle mie passioni: il gioco di ruolo. La passione per la Storia invece mi accompagna da tutta la vita. Non ricordo un periodo senza l’interesse per le uniformi, per le vicende dei popoli e dei grandi personaggi.


Classica e scontata domanda: come è nata l’idea per il romanzo L’ultima offensiva?
L’idea nasce da un racconto breve e dalla sua conclusione. Arrivato alla parola fine di quel piccolo lavoro mi sono detto che avrei dovuto provare a scrivere un romanzo intero rispettando le premesse espresse nel racconto, la principale delle quali era il cercare di essere quanto più realistico e vero possibile. Volevo una maledetta storia di guerra senza cliché o stereotipi e soprattutto priva di zone chiare contrapposte alle scure. Inoltre volevo dare pari voce ai soldati tedeschi e americani. Così non ci sono “nemici” tout court ma solo uomini, analizzati da differenti punti di vista.


Posso chiederti qual è il tuo metodo di scrittura?
Progetti tutto in anticipo? Scrivi un po’ al giorno o solo quando arriva l’ispirazione, impegni lavorativi e familiari permettendo?
Il metodo di lavoro che preferirei adottare, al momento è solo un sogno; il mio ideale infatti sarebbe poter scrivere la mattina, per qualche ora, a mano, e lasciare poi a riposo fino al tardo pomeriggio, o sera, quando ricontrollerei il tutto riportando lo scritto su computer. Il mio attuale lavoro non lo permette, ma in generale scrivo su carta, anche nei momenti più disparati, tipo una coda al passaggio a livello e poi, quando ho tempo, riporto il tutto in formato digitale effettuando già un primo controllo della bozza. Oppure mi faccio aiutare da mia sorella, che si assume l'ingrato compito di decifrare la mia calligrafia e trascrivere al pc.
In fase creativa invece delineo la storia principale, poi elaboro delle scene che mi permetteranno di veicolare i sentimenti, le emozioni e le idee che mi hanno indotto a iniziare a scrivere. Lascio molto spazio ai dettagli minori, ma li aggiungo solo in secondo momento. Arrivato alla fine della prima stesura mi capita poi di dover togliere interi capitoli. O di doverne riscrivere per intero altri. Spesso dipende anche dai feedback che ricevo dai miei primi lettori, ovviamente la famiglia e alcuni tra gli amici più stretti, o dal confronto con il mio editor personale -e che non cambierei mai-, Luca dell'agenzia Scriptorama, con cui dopo stesure successive arrivo al romanzo completo.


Il tuo romanzo mi ha colpito, oltre per le scene sui campi di battaglia, anche per il modo in cui hai caratterizzato i protagonisti; sembrano persone esistite veramente, non i soliti impavidi eroi spacconi da film americano.
Come nascono i tuoi personaggi e le loro storie?
Ho fatto una grandissima opera di ricerca e uno sforzo forse ancora più grande nel rendere reali i personaggi che avevo in testa. A volte mi bloccavo su una sola frase, non trovando il modo adatto per farla esprimere al personaggio. I protagonisti delle storie sono molto importanti, sempre; ma nel mio caso, dato che preferisco lasciare ampia libertà al lettore di immaginare luoghi e persone sulla base di ciò che voglio far percepire evitando giudizi troppo netti o descrizioni precise, devo fare molta attenzione a non cadere in contraddizione perché il rischio di creare confusione nelle storyline è alto con questo metodo di scrittura.


Il libro è  tecnicamente  molto dettagliato riguardo ad armi e organizzazione militare.
Cosa ne pensi di certi film di guerra di  Hollywood, in cui certe azioni si svolgono in modo spettacolare ma dal punto di vista tecnico risultano piuttosto grossolane e approssimative?
I film hanno scopi diversi dalla letteratura, difficile poter immaginare il cinema come veicolo di informazione e di formazione, perciò credo che la sospensione della realtà, sul grande schermo, abbia margini ben più ampi di quanto un tecnico del settore potrebbe tollerare. L’istinto alla critica c’è sempre, e non va taciuta quando corretta, ma poi tendo a ridimensionare il fastidio. Quello che invece non tollero è l’approssimazione nella letteratura, un campo dove non si colpisce con un’immagine e il costrutto dell’opera può, anzi deve, nel caso si tratti di opera storica, essere preciso, vero. Perché non si deve scrivere di ciò che non si conosce, e se si rispetta questa regola non vedo perché fare finta di non conoscere elementi o fatti per metterne altri di pura fantasia. Insomma, se parli di un soldato di fanteria americano durante la seconda guerra mondiale, e non vuoi scrivere sempre la parola fucile ma essere dettagliato, non puoi utilizzare un M-16, che non esisteva all’epoca, ma dovrai scrivere Garand. In un film invece, per quanto sia un errore poco giustificabile, difficilmente il pubblico farà attenzione a un simile dettaglio, concentrandosi sullo sguardo di paura/odio/coraggio dell’attore nell’atto di sparare.


Quali sono, invece, i tuoi “idoli” letterali e le tue fonti di ispirazione?
E quali sono i  tuoi romanzi preferiti?
Hemingway, Conrad, Dostoevskij, questi tre sono gli idoli che vorrei uccidere. Gli scrittori che vorrei eclissare, distruggere, come un figlio che ama e odia il padre eroe. Perché le emozioni che mi hanno dato, che ogni volta sono in grado di suscitare in me, mi hanno spinto a scrivere ma anche a vederli brillanti e luminosi, pur distanti, come mete da raggiungere. Non posso scrivere come loro, non voglio scrivere peggio di loro, devo per forza di cose ucciderli in senso metaforico, assorbirli e scrivere meglio. Ciò non significa affatto che ci riuscirò. È l’eterna lotta edipea a spingermi al confronto con loro. Se ne uscirò sconfitto sarà stata comunque vita, e linfa vitale, quella passata in tale confronto.
C’è un romanzo però che esula da quanto ti ho detto sopra, un’opera che risponde in maniera completa e assoluta alla domanda che mi hai posto: è il Signore degli Anelli. Lo ritengo la più completa storia che abbia mai letto. È universale, poderosa, epica, tragica, illuminante. In essa converge tutto ciò che in un romanzo io cercherei, quello che vorrei leggere e quello che, nel mio lavoro, vorrei scrivere. Con esso nasce il fantasy, dicono, ma io punterei il dito sul fatto che con il Signore degli Anelli termina l’epica. È il punto più alto, irraggiungibile, che tale categoria abbia raggiunto.


Il tuo successivo romanzo, MISSIONE D’ONORE, è arrivato secondo al premio nazionale LA GIARA indetto dalla Rai e quindi sarà pubblicato a breve da Rai Eri.
Cosa ci puoi anticipare a riguardo?
Ho scritto questa storia con l’obiettivo di allargare l’opera intrapresa con L’ultima offensiva, di osare di più e toccare argomenti e protagonisti a cui prima non avevo provato ad accostarmi per inesperienza. Posso definirla una storia forse più lineare del primo romanzo, con molte sfaccettature e una protagonista speciale, una giovane ragazza che si destreggia bene in mezzo ai soldati protagonisti di un romanzo ambientato durante il secondo conflitto mondiale.


Progetti futuri?
Al momento sto lavorando a due storie. Una che sto scrivendo da anni, composta da più libri, e ambientata nel 1106. L’altra è ancora una bozza, parlerà di partigiani.
Questo per quanto riguarda i romanzi. Ho invece terminato un racconto lungo ambientato nel medioevo nella mia città di origine, Civitanova Marche. Uscirà a breve.


Grazie mille, caro Giovanni.
È stato un piacere ed un onore scambiare quattro chiacchiere con te.



Giovanni Melappioni

LINK per acquistare l'e-Book


LINK per  l'edizione cartacea








mercoledì 18 febbraio 2015

MEZZOGIORNO DI FUOCO-High Noon

Finalmente parlo di cinema western.
E, secondo voi, con quale film potevo iniziare? 

1952.
In pieno periodo di  Maccartismo, una sceneggiatura scritta da Carl Foreman, uno di quelli finiti nella lista "nera" (o rossa, in questo caso) di Hollywood, sospettati di essere filocomunisti, finisce tra le mani di un regista di origini austriache, tale Fred Zinnemann.
WHAT? Si chiesero i più.
Cosa volete che ne sappia un austriaco di come si gira un western?
Ma gli scettici si sbagliavano.







Carl Foreman







Fred Zinnemann











Sono questi gli antefatti di uno dei più famosi film western della storia del cinema.
Ci sarebbe molto altro da dire riguardo allo stretto legame della pellicola col Maccartismo, ma non voglio impelagarmi in analisi socio politiche dell'epoca.
Comunque forse è anche  per questo che il film risulterà così ben riuscito ed interpretato.

Lo ammetto. 
Gary Cooper non mi aveva mai colpito più di tanto, ma quando vidi MEZZOGIORNO DI FUOCO in DVD, in lingua originale, dovetti ricredermi.
Cooper qui interpreta Will Kane, il Marshal cittadino che, il giorno del proprio matrimonio, non può far a meno di rimanere in città in attesa del ritorno di Frank Miller, fuorilegge che lui stesso aveva arrestato anni prima e che ora, uscito di prigione, è deciso a fargliela pagare.
La bella Grace Kelly è Amy, la sua neo moglie quacchera, molto più giovane di lui.
Amy è contraria alla violenza e vorrebbe che Will se ne andasse via con lei lasciando perdere Miller.
Ma Kane non ci sta,  gira il calesse e torna indietro, convinto che la popolazione di Hadleyville lo aiuterà a riacciuffare un'altra volta il bandito in cerca di vendetta.
Ma Will Kane si sbaglia: nessuno in paese vuole immischiarsi nella faccenda, compreso il suo vice, deluso per il fatto che Kane stesso non lo abbia proposto come suo sostituto.
E anche l'unico volontario che si era fatto avanti cambierà idea dopo aver saputo che tutti gli altri hanno rinunciato. 
Intanto, alla stazione, i 3 complici di Miller stanno aspettando il suo arrivo con il treno di mezzogiorno.
La neo moglie di Kane decide di andarsene senza di lui, proprio con lo stesso treno sul quale arriverà Miller; aspetterà mezzogiorno nella Hall dell'albergo locale, dove alloggia anche la ex fidanzata di Kane, Helen Ramirez, a sua volta ex proprio di Frank Miller.
Anche Helen decide che è meglio andarsene, con il ritorno del fuorilegge, così come ha fatto quella stessa mattina il giudice che lo condannò.
Helen e Amy finiscono però per scambiare 4 chiacchiere e sarà proprio Helen che riuscirà a farle capire quanto Will sia innamorato di lei e che non dovrebbe lasciarlo.
Nel frattempo mezzogiorno è arrivato e il treno pure. Così come Frank Miller.
E Will Kane si prepara a ricevere il ritorno di Miller e i suoi scagnozzi, da solo, in una città deserta.
Helen Ramirez parte mentre Amy, all'ultimo momento, decide di  tornare in città in aiuto del marito...
Il resto è storia, come si suol dire.


Gary Cooper



Grace Kelly




Thomas Mitchell


Lon Chaney Jr.



Questa, in sintesi, è la trama.
Ora passiamo all'aspetto tecnico del film.
La fotografia è priva di filtri e in bianco e nero, oltre che in formato 4/3. Una scelta voluta, per ottenere più realismo, oltre che per il budget piuttosto basso.
Poi c'è la regia di Zinnemann: che alterna il girovagare del Marshal Kane per le vie della città alla ricerca di aiuto e le rotaie che si perdono all'orizzonte, là dove dovrebbe arrivare la minaccia da un momento all'altro.
Come se non bastasse, man mano che il film procede, Zinnemann inserisce sempre più spesso inquadrature di vari orologi per ricordare allo spettatore che il tempo scorre in fretta. 
E lo fa usando zoomate e inquadrature piuttosto ardite per un western.
C'è da dire che, forse per la prima volta, un regista ci fa vedere l'impavido uomo di legge del west in condizioni un po' malconce; è un po' avanti con l'età, inoltre dopo un po' si ritrova con i vestiti sporchi e la faccia tumefatta a causa di una scazzottata con il proprio vice, il quale ha il volto di un giovane Llyod Bridges.
Il cast di comprimari è eccezionale. Oltre ai vari volti noti del genere western di quegli anni, tra cui spicca Thomas Mitchell (premio oscar nel western OMBRE ROSSE di John Ford) che interpreta il sindaco che convincerà altri cittadini a voltar le spalle all'uomo di legge, c'è un invecchiato e malinconico Lon Chaney Jr., nel ruolo del vecchio Marshal che ha preceduto Kane.

Il film vinse in tutto 4 premi Oscar:
Una  statuetta andò a Gary Cooper come miglior attore protagonista; un altro venne assegnato per il montaggio a Elmo Williams & Harry W. Gerstad e altri due per la colonna sonora e la miglior canzone. 
Dimitri Tiomkin dovette dividere il secondo Oscar con Tex Ritter, autore del testo della famosa Do not forsake me, Oh my darlin.


Nel film compare anche, nel ruolo di uno dei scagnozzi di Frank Miller, un giovane e semi sconosciuto Lee Van Cleef





Eccolo nei titoli di testa, con l'indimenticabile canzone del film in sottofondo.



Che dire ancora, di questo straordinario film?
Be', per esempio che molte star di Hollywood in realtà lo odiavano, e non per il fatto che molti presunti filocomunisti ci avessero lavorato.
Il grande regista Howard Hawks, per esempio, caro  amico di  Gary Cooper tra l'altro, non sopporta l'idea che un impavido uomo di legge, invece di sbrigarsela da solo contro la banda di fuorilegge, se ne andasse in giro a supplicare l'aiuto dei propri concittadini.
"E' anti-americano" diceva.
Fu anche questo uno dei motivi che portò Hawks a girare, qualche anno dopo, UN DOLLARO D'ONORE, in cui compariva John Wayne che la pensava esattamente allo stesso modo.
C'è una sorta di antagonismo tra queste due pellicole western: meglio MEZZOGIORNO DI FUOCO o UN DOLLARO D'ONORE?
Io, personalmente, preferisco il primo (seppur di poco), anche se il mio western preferito in assoluto è un altro...
Ma ne parlerò un'altra volta.


Per oggi è tutto, credo.
Alla prossima.